Una tragedia immane il crollo del ponte a Genova, una tragedia che colpisce il paese intero,
piangiamo chi ne è rimasto vittima e siamo vicini ai loro familiari; ma anche ci disperiamo
perché sappiamo bene che quanto accaduto poteva e doveva essere evitato. Il cemento
armato, anche se precompresso, non è eterno, possiede un ciclo di vita stimabile in 50/60
anni. Quello della maggior parte delle nostre infrastrutture si è esaurito, dobbiamo farcene
una ragione ed agire di conseguenza. Questo problema, enorme, non riguarda solo le
infrastrutture: palazzi scuole chiese centri sociali, realizzati con tale tipologia di struttura, non
derogano alla durata anzidetta. Se poi questi fabbricati sono stati sopraelevati in assenza di
interventi di consolidamento delle strutture sottostanti e delle fondazioni, oppure sventrati
nelle murature collaboranti per ampliare le aperture o realizzare impianti invasivi, i rischi si
moltiplicano. Saremmo dovuti intervenire prima ma, seppur con grande ritardo, dobbiamo
intervenire adesso! E sarebbe l’ora che in questo paese si cominciassero ad ascoltare i
tecnici, coloro che hanno competenza specifica in materia. Innanzi tutto il tema della
sicurezza delle città, totalmente assente dai programmi politici dei vari partiti che si sono
confrontati nelle ultime elezioni nazionali, deve essere riportato al centro del dibattito politico.
Occorre un grande piano di manutenzione delle città, piccolissime piccole e grandi, che
preveda importanti incentivi per gli interventi di rigenerazione e riqualificazione, anche
attraverso la sostituzione edilizia. In ogni città, prima ancora della carta dei vincoli e delle
emergenze storico architettoniche, si deve predisporre una carta dettagliata degli edifici e
delle infrastrutture a rischio che occorre demolire, perché non più sicuri o perché a ridosso di
versanti instabili o troppo vicini ai corsi d’acqua. Vigilando attentamente contro le possibili
speculazioni, dobbiamo avere il coraggio di mettere in atto un grande programma della città
da demolire e ricostruire, che deve costituire l’ossatura portante di nuovi strumenti
urbanistici sufficientemente dinamici, incentrati sulla rigenerazione urbana, riqualificazione
architettonica e rammendo delle periferie. Negli anni 70 sono stati commessi assurdi abusi
contro fabbricati straordinari che punteggiavano di bellezza le nostre città, teatri palazzetti e
ville di grande pregio architettonico vennero demoliti senza pudore alcuno. I grandi crimini
culturali di allora però non devono condizionare l’oggi, abbiamo il dovere di sostituire o
rigenerare ciò che ha concluso il suo ciclo vitale: sostituire gli edifici senza pregio – e le città
ne sono piene – rigenerare ciò che merita di continuare a esistere. Per farlo non bastano
limitati incentivi di defiscalizzazione, perchè non si possono mettere in sicurezza solo i
fabbricati dei cittadini ricchi o benestanti: occorre che il grande piano industriale della
rigenerazione urbana sia sostenuto da importanti finanziamenti statali, ai quali potranno
affiancarsi gli investimenti degli imprenditori privati, che permetta a tutti di vivere in città
sicure e belle, dal centro alle periferie.
Pino Falzea
Presidente Ordine Architetti P.P.C. della Provincia di Messina
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