Oggi alla Feltrinelli alle 18,00 presentazione del libro “Lettere dalla Sicilia”. Intervengono il Presidente dell’Ordine degli Architetti e della Fondazione Architetti nel Mediterraneo.
E’ lastoria di un viaggio, quello di un architetto belga nella Sicilia Liberty, una testimonianza inedita del primo Novecento: settembre 1919: un giovane architetto di Bruxelles, Lucien François, sbarca nel porto di Palermo. Ha appena firmato un contratto con la società belga che, oltre a gestire le linee tranviarie che da Palermo portano a Mondello, sta anche edificando l’omonima stazione balneare. Per due anni Lucien e sua moglie Lia, pittrice, tengono una fitta corrispondenza con le rispettive famiglie in Belgio. Descrivono quello che vedono in Sicilia, confrontano il costo della vita, assaggiano la gastronomia locale, commentano gli scioperi e l’avvento del fascismo, si infiammano contro il lavoro infantile nelle miniere di zolfo, raccontano le loro escursioni sull’isola, la progressione dei cantieri, gli incontri professionali o le amicizie, ma anche la nostalgia, i problemi di salute, il timore di essere dimenticati in Belgio, le speranze segrete. Autodidatta appassionato, proveniente da una famiglia modesta, Lucien François non sa ancora che la sua esperienza siciliana gli aprirà le porte di una grande carriera, al suo ritorno in patria. Sulla base di una corrispondenza inedita, di documenti rari e di fotografie scattate dall’architetto stesso, Alice Verlaine Corbion ricostituisce qui l’epoca movimentata del primo Dopoguerra, immergendoci nell’intimità di una giovane coppia di artisti colti e sensibili alla scoperta di un altro paese.
Ma chi era Lucien François? Nato in Belgio nel 1894, fu una figura di spicco dell’architettura del XX secolo. Dopo una formazione di disegno all’Accademia delle Belle Arti di Bruxelles, apprese il mestiere d’architetto sotto la guida di modernisti rinomati, come Antoine Pompe e Fernand Bodson, le cui convinzioni sociali lo influenzarono notevolmente. Al ritorno dal suo soggiorno in Sicilia, realizzò numerosi edifici, ville e monumenti in Belgio, in uno stile modernista romantico che s’ispirava al lavoro di Berlage, Saarinen, F. L. Wrighte Arts and Crafts. I villini per la città-giardino Floréal a Bruxelles (1922), la propria casa d’abitazione (1923) e le creazioni nell’ambito dell’Esposizione Internazionale di Bruxelles, nel 1958, figurano tra le sue più celebri realizzazioni. Professore di falegnameria, ebanisteria, disegno e architettura in diverse istituzioni, insegnò la decorazione d’interni alla Scuola Superiore La Cambre, a partire dal 1939. Medaglia d’oro all’Esposizione delle Arti Decorative di Parigi, nel 1926, fu direttore della rivista Architecture & Urbanisme, presidente della Società Centrale di Architettura del Belgio, e membro dell’Ordine Massonico di Memphis-Misraïm. Sua moglie, Lia Heylighen (1886-1970), fu artista e pittrice di talento, dopo una formazione all’Accademia di Belle Arti di Bruxelles.
L’autrice, Alice Verlaine Corbion, è anch’essa architetto. Ha conseguito la laurea alla scuola superiore La Cambre, di Bruxelles, ed è co-direttrice dell’agenzia Les Architectes Epatants, specializzata negli studi storici e strategici. Nel 2009 si è aggiudicata il premio Vizzion Europe, nel 2010 ha realizzato il Padiglione del Lussemburgo alla Biennale di Venezia, nel 2011 ha partecipato all’operazione Campus d’Excellence, in Francia. Collabora tuttora a diversi progetti legati al teatro o alla fotografia. Il suo incontro con Maurice Culot, fondatore degli Archivi d’Architettura Moderna, ha motivato la sua passione per le indagini storiche e la rievocazione dei fantasmi. Nel 2017 ha pubblicato Lettres de Sicile (AAM) e ha partecipato al volume Modernes Arcadies (AAM).
La traduttrice e curatrice del libro, Chiara Nannicini Streitberger, è docente di Letteratura Italiana all’Università Saint-Louis, a Bruxelles. Ha pubblicato nel 2009 La revanche de la discontinuité (Bruxelles, Peter Lang), nel 2012 Ruptures du récit (Paris, Manuscrit) e nel 2017 il saggio Ricordate compagni? (Firenze, Cesati) in cui analizza le testimonianze dei reduci italiani dal lager di Flossenbürg.
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